Non leggerai il mio racconto. Tu leggi il mondo ma non le lettere del parlare. Non sei capace. Forse un giorno imparerai. Allora, torna in questa fattoria, separa i serpenti del cancello che hai costruito, entra in questa casa grande e spaventosa, sali le scale e vieni in questa stanza che parla alla luce del giorno. Se tu non leggerai mai tutto questo, nessuno lo farà. Queste parole attente, chiuse su se stesse e spalancate, parleranno tra loro. Tutto attorno, da un lato all’altro, da sotto a sopra, da sopra a sotto per tutta la stanza. Oppure. Oppure forse no. Forse queste parole hanno bisogno dell’aria che c’è fuori nel mondo. Hanno bisogno di voltare alte e poi cadere, cadere come cenere su acri di primule e malva. Sopra un lago turchese, al di là degli abeti eterni, tra le nuvole tagliate dall’arcobaleno per insaporire la terra.