[…] affacciandosi alla cinefinestra sul mondo, rischiando la deterritorializzazione, l’uomo del secolo nuovo è in ogni luogo perché vede ovunque. Jean Renoir ricordava di essere un “citoyen du cinématographe”, un abitante di immaginifiche città srotolate e confuse nel buio della sala. Il fascino sta nel riconoscersi vittime della stessa allucinazione: un turismo visivo che ci fa abitare tutte le città della terra in “quella presenza dell’assenza” di cui il cinema, prima delle grandi comunicazioni, ci ha rivelato la smisurata ampiezza. È un’edilizia della mente con la quale cresce e si sviluppa il crollo delle appartenenze: una cittadinanza virtuale, una comunità senza frontiere e senza scampo, per una civitas dalle mura definitivamente abbattute.