Di mattina all’orfanotrofio ci poteva essere un velo di nebbia, un fumo bianco che saliva dalla terra. Nel punto in cui incontrava il cielo illuminato dal sole, le gocce di rugiada pendevano dalla tela del ragno. Grandi, con riflessi curvi e rovesciati dei fili bianchi, dell’erba velata di nebbia e del proprio viso. Come se nel passaggio fra l’acqua della terra e il fuoco del cielo nascessero piccoli universi a forma di globo. Da qualche parte, nella bellezza muta di questi mondi curvi e riflessi, si poteva riconoscere se stessi dai capelli a spazzola.
La tela, la luce, la rugiada, tutto doveva essere parte dell’ambiente e della natura del ragno. Ma non come limitazione, non come isolamento, allora non lo vedevamo così, non sono mai riuscito a vederlo così nemmeno in seguito. La natura non è una camicia di forza che dev’essere strappata. La natura è una grazia, una possibilità di crescita offerta a tutti gli esseri viventi.
Come una linea guida nella tua vita.