La ragazza s’era già slanciata per la discesa e andava e andava con i suoi tranquilli zig-zag, ora era già dove le piste erano più battute dagli sciatori, ma in mezzo a tutto lo sfrecciare di sagome confuse e intercambiabili la sua figura appena disegnata come un’oscillante parentesi non si perdeva, restava l’unica che si potesse seguire e distinguere, sottratta al caso e al disordine. L’aria era così nitida che il ragazzo dagli occhiali verdi indovinava sulla neve il reticolo fitto delle orme di sci, dritte ed oblique, delle strisciate, delle gobbe, delle buche, delle pestate di racchetta, e gli pareva che là nell’informe pasticcio della vita fosse nascosta la linea segreta, l’armonia, solamente rintracciabile alla ragazza celeste-cielo, e questo fosse il miracolo di lei, di scegliere a ogni istante nel caos dei mille movimenti possibili quello e quello solo che era giusto e limpido e lieve e necessario, quel gesto e quello solo, tra mille gesti perduti, che contasse.