Poi Candy inciampò in un oggetto facendolo schizzare nell’erba. Era di sicuro solo un sasso. Eppure si chinò per guardare da vicino, e con sua sorpresa si accorse che non era affatto un sasso, ma una conchiglia. Era anche grande, quasi come il suo pugno chiuso, e aveva alcune corte punte. Non era, lo sapeva, il guscio di una chiocciola. Intanto era troppo grossa, e lei non aveva mai visto il guscio di una chiocciola con le punte. No, quella era una conchiglia marina, ed era chiaramente vecchia. I suoi colori erano sbiaditi, ma riconobbe ancora un disegno elaborato: un motivo che ne seguiva la spirale decrescente.
La rivoltò, scosse dalla cavità quella che stranamente aveva tutta l’aria di essere sabbia, e l’avvicinò all’orecchio. Era un giochetto che le aveva insegnato il nonno, ascoltare il mare in una conchiglia. E benché sapesse che si trattava solo di un illusione – i vaghi echi dell’aria all’interno della conchiglia – era quasi sicura di udire il rumore delle onde, come se la conchiglia avesse conservato dei ricordi della sua vita nell’oceano.