Forse è il tempo che gli scrittori lascino le città e prendano le vie delle montagne e dei posti sperduti. Da questo volontario esilio rispetto alle città-garage potrebbe nascere un nuovo umanesimo in cui l’uomo capisca di essere un animale tra altri animali e non l’ingorda creatura che si sta mangiando il pianeta
Non è che questo nuovo uomo lo si debba impiantare domattina, ancora non ne possediamo il seme, ancora non sappiamo, come specie, cosa ci rende felici e dunque non possiamo collettivamente adoprarci per trovarla questa felicità.
La lietezza di stare al mondo appare in vesti mutevoli, può essere di chi lavora venti ore al giorno e di chi sta tutto il giorno a spasso, in chi prega e in chi fa l’amore, in chi parla e in chi tace. Sicuramente nell’attesa di svelare i misteri della nostra testa, abbiamo il dovere di conoscere meglio il mondo che ci circonda e di rispettarlo. La Terra è grande appena quanto la puntina del giradischi e noi siamo la polvere che si è raccolta intorno.
Evidentemente il problema ecologico viene prima di quello egologico, ma sarebbe puerile immaginarsi di trasformare gli uomini in assennati cercatori del bene e del meglio. Gli uomini piuttosto devono accettare il miracolo passeggero di essere qui, devono convincersi di essere animali in transito sulla scena della vita e che questa scena non è di nessuno, non ha padroni e forse non ha neppure creatori. Abbiamo raggiunto un tale progresso materiale che almeno in questa parte del mondo possiamo permetterci il lusso di procedere curiosando e non semplicemente battendoci per mettere qualcosa sotto i denti.
Noi possiamo aiutare gli uomini che devono combattere contro la fame e le oppressioni facendo buone testimonianze, pronunciando tutte le verità che ci è possibile pronunciare, facendolo subito, senza calcoli e reticenze. Non sappiamo bene se un mondo esiste ancora e se tutti noi siamo in via di sparizione, comunque ci sono ancora luoghi, ci sono persone in questo crespuscolo cui dobbiamo dare ciò che vorremmo avere: la conoscenza di un luogo non può che essere avventura, legata più allo slancio verso il mondo sensibile che al raziocinio e alla saggezza. […]
Avverto in maniera dolente che non c’è tempo per i disincanti e le sottigliezze. È inutile nascondersi sotto la mattonella, non c’è casa per nessuno, non c’è riparo. E allora bisogna farsi viandanti, avventurieri anche nei luoghi più poveri e nei più comuni impieghi, anche negli spazi domestici.
Siamo chiamati ad abbandonarci totalmente al mondo e alla sua sparizione, in questo abbandono ci può essere qualche fuoco che dura, un’intensità che ci fa bene.