Ex Libris 46 (suburbia)

«Come vedete, si tratta perlopiù di queste casette in calcestruzzo coi furgoni parcheggiati fuori: idraulici, falegnami e gentucola indigena del genere. E poi, alla fine», e puntò quella rigida pistola che era il suo indice contro qualcosa al di là del parabrezza in un gesto di sincero ammonimento, facendo tintinnare e suonare contro il volante un bel po’ di braccialetti, «alla fine questa strada conduce a un nuovo complesso veramente orrendo chiamato Revolutionary Hill Estate, enormi villette a due piani dipinte dei più nauseanti colori pastello, e oltretutto terribilmente care. Non riesco a capire perché. No, il posto che voglio mostrarvi non ha assolutamente nulla a che fare con questo. Uno dei nostri cari piccoli imprenditori locali lo ha costruito subito dopo la guerra, non so se mi spiego, prima che prendessero il via le costruzioni davvero atroci. È un amore di casa in una posizione deliziosa. Linee semplici e pure, bei prati, l’ideale per i bambini. È subito dopo la prossima curva, e come vedete la strada qui è migliore, vero? Ecco, ci siamo. Quella casetta bianca, la vedete? Carina, vero? Vedete com’è deliziosa, in cima a quella salitella?»


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