Qui, gli uomini convivono patriarcali e democratici con gli scarafaggi. Enormi e puzzolenti. Sembrano cani patinati. Neri lucidi come la palla numero otto del biliardo. Inquietanti nella loro programmatica assenza di latrati, gli scarafaggi. Attraversano i marciapiedi guardando prima a destra e poi a sinistra per evitare di finire sotto le macchine. Sono operosi e hanno fretta. Schizzano in tutti i quartieri con una velocità olimpionica e non ti abitui mai alla loro presenza.
Mi mettevano paura il primo giorno che sono arrivato, mi hanno fatto la stessa identica paura fino all’ultimo giorno del diciottesimo anno di permanenza in Brasile.
Coabitano con te dentro al letto e si lavano nel tuo lavandino. Guardano il ddt e ridono beffardi come camorristi di punta. Se ne fottono dal ddt, gli scarafaggi di Manaus. Se lo inalano come aperitivo senza noccioline a tutte le ore. È una guerra persa che, tra l’altro, combattevo solo io, perché gli indigeni, e in questo caso hanno la mia stima totale, si mostrano totalmente indifferenti al problema. Ignorano gli scarafaggi, mantenendo saldo un complesso di superiorità che li porta ad una nobile, chic noncuranza della loro presenza. Come i monegaschi con i poveri.