Ripensando a Lucio Dalla, e risentendolo, a un mese dalla scomparsa, mi accorgo che ci sono alcune canzoni sue che non possono mancare in questo spazio. Perché per una decina d’anni, diciamo dal ’72 di Piazza Grande e Sulla rotta di Cristoforo Colombo all’81 del Q Disc (o se vogliamo all’82 della celebrazione di Borotalco), il fu Lucio è stato una figura centrale nell’immaginario cantautorale italiano.
Ma poi, siccome questo è uno spazio eminentemente sentimentale e accuratamente non sistematico, qui si va di sensazioni e ricordi e instabili malie, più che di rendiconti storiografici, ogni canzone, al di là della sua importanza acclarata, la ricordiamo per il suo accordarsi con certe frequenze in, sub e sopra-conscie.
Di Telefonami tra vent’anni per esempio cito sempre i versi sullo stronzo che guarda sempre la televisione, ma alla fine l’importante è avere il controllo della situazione.
Anna e Marco riesce invece ogni volta a commuovermi con la sua sdrucita, sbilenca epica di periferia, intrisa di malinconia in ogni poro.
Di Nuvolari mi sovviene l’elenco roversiano degli sconfitti: Varzi, Campari, Borzacchini, Fagioli, Brilli-Peri, Ascari.
Ma la mia preferita in assoluto è Mambo: tanto misogina quanto implacabilmente perfetta.