Due cose mi facevano pensare alla “bestialità” questi giorni.
1) La sorpresa che danno qualche volta film che recuperi così, quasi per caso, senza dargli particolarmente credito. Tipo Penelope, quella certa rilettura/rivolgimento di bella/bestia, principessa/ranocchio e Co. con Christina Ricci e James McAvoy. Girato nel 2006, tenuto in panchina 2 anni, abbastanza massacrato in sede critica, a leggiucchiare in giro. Uno dei più classici “volevamo essere Tim Burton”, a prima vista. Epperò, a sorpresa, assai meglio di qualsiasi Burton recente. Forse anche perché la sera prima avevo visto Spiderwick Chronicles, uno dei tanti, troppi fantasy dell’era digitale che la meraviglia tendono a darla per scontata. (Come on, ci sono fate, orchi e tante belle magie dentro al bosco. Stupisciti!) Fosse così facile. La questione basilare è il “tocco”, in casi similari. Bastava una mano appena più pesante, un qualsiasi senso di superiorità sul materiale per rendere stucchevole la storia di Miss Piggy/Ricci e dei suoi pretendenti di sangue blu, la Londra onirica e fuori dal tempo, la totale stilizzazione del profilmico. E invece ogni tassello finiva incantevolmente a posto, con un’aria tra Andrew Niccol e Neil Gaiman che miscelava con ispirazione e accortezza il discorso intellettuale sull’archetipo, gli intagli humouristici e gli abbandoni alla commozione. Sorprendente, davvero.
2) La non sorpresa che danno certe pigrizie del pensiero e dell’espressione. Tipo: l’ennesima strage, la solita storia. Vai a scorrere i commenti sull’orrore norvegese, e niente, siano ragionati o di getto, siano deliranti o condivisibili, a un certo punto arriva inevitabile quel certo aggettivo, come una bomba a riflesso condizionato. Bestiale, appunto. Tipo qui. Bene, siccome dalle nostre parti tendiamo a essere un pochinello fissati su questa storia dell’ecologia del linguaggio, perdonateci, ma forse dobbiamo inaugurare la tradizione di ripubblicare il post che segue, tutte le volte che serve, fino a che non riusciremo a spazzare via l’abuso scriteriato di questo ganglio parola/pensiero totalmente sbagliato, assolutamente scentrato.
Questo, allora, scrivevo il 28 settembre 2010, e ripeterò fino alla nausea:
Ingentilire il linguaggio, irrobustire il pensiero, dice Vendola.
Bene, ottimo. Per esempio: una buona volta, tutti, noi “di sinistra”, in primo luogo, riflettiamo quel secondo in più prima di parlare, fermiamo un attimo le dita prima di scrivere, e mettiamo al bando dal linguaggio quotidiano espressioni abusate e orrende del genere
ammazzato come un cane (classico per i delitti di mafia)
trattati come animali (riferito che sia a migranti, zingari o altri)
sono bestie (per assassini, torturatori e simili)
e così via. Perché squalificano anche i più nobili intenti, rivelando in filigrana un mondo di sopraffazione e disprezzo che dovremmo per sempre lasciarci alle spalle, in una visione complessiva della civiltà che non sia ghettizzata alla specie cui apparteniamo, ma rivendichi per tutti gli esseri viventi un rispetto e un’attenzione rinnovati.