These are the songs of my life: Souchon Edition

Ha questa cosa, Alain Souchon: che butta giù certe canzoni da crepacuore, roba da mettere in moto di default l’apparato lacrimale appena partono. Eppure, se vai a considerare il testo, raccontano di personaggi di tutt’altra caratura. Questo accade in particolar modo quando le sue liriche si innestano sulle musiche di Laurent Voulzy.

Prendete la lei di Dandy, con la sua nonchalance e affettazione supreme, che fanno tanto fino, perché più uno è indifferente a tutto e tutti, più è chic: può far rabbia, può suscitare compassione per la solitudine in cui galleggia, ma non dovrebbe indurre a partecipazioni emotive particolari (che ineleganza). Invece la meravigliosa veste melodica che Voulzy le regala, il cantato di perfetta misura di Souchon, le perle d’arrangiamento (la coolness della sezione ritmica, le fioriture di tastiera che innervano tutto, gli ingressi a gamba tesa di sax e voce femminile) non lasciano scampo: devi amarla, devi soffrire per (con) lei.

E che dire del Jim della ballata lui dedicata, con le arie da duro tra alcol, pistole, starlette e Chrysler (che ne dirà Marchionne?), che dopo lo sfolgorante tentativo di suicidio va a perdersi negli occhi verdi dell’infermiera di turno? Eppure, anche qui, tale materiale tragicomico cucito intorno a una sorta di antieroe Buscaglione style, viene trasfigurato da quel paradisiaco riff voulzyano di synth in cui verrebbe voglia di tuffarsi vestiti, tanto è bello e melanconico e appagante. E intanto Souchon se la ride sotto le occhiaie, e t’ha fregato ancora.


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