Il programma di esperimenti scientifici che la porta a concludere che gli animali sono degli imbecilli è profondamente antropocentrico. Esso attribuisce grande importanza al saper uscire da un labirinto sterile, ignorando il fatto che se l’ideatore del labirinto venisse paracadutato nelle giungle del Borneo, morirebbe di fame nel giro di una settimana.
La nostra empatia non può essere limitata dalle nostre capacità fisiche, come non può esserlo da quelle mentali. Elizabeth ha potuto sentire cosa sentiva un cadavere; chi ha subito un’amputazione prova dolore nell’arto mancante, l’arto fantasma. Anche noi possiamo sicuramente provare dolore nelle nostre zampe, nella nostra coda, nei nostri nodelli e pasturali, forse, se abbiamo un talento particolare, nelle nostre pinne e scaglie.
Se ci vedono come individui, e noi li vediamo come individui, ci è possibile avere un rapporto personale… In altre parole, quando un essere umano tratta un individuo non umano come un oggetto anonimo, anziché come un essere con una propria soggettività, è l’umano e non l’altro animale a rinunciare a essere una persona.