Finalmente ho letto qualcosa di Greil Marcus, come mi ripromettevo da tempo: in particolare il libro su Like a Rolling Stone. Bene, almeno la prossima volta che qualcuno dice che deliro parlando di film, lo rimando al buon Greil e a quello che riesce a tirar fuori dai 6 minuti di Dylan e Co.
Poi son subito passato a Shirley Jackson, e per quelle belle corrispondenze arcane che piacciono a me, in entrambi i libri – saggio autobigrafico rock, classico american gothic, anni 1959 e 2005, letti di seguito da me nel 2010 – si cita lei, la casa dalle 160 stanze e dalle scale che conducono al nulla.
Penso all’America della Frontiera e dei fucili, all’America del consumismo conformista e dell’esplosione libertaria, all’America oscura e assolata, sanguinante e sperduta, quella degli incubi notturni della Jackson e quella dei sogni surreali di Dylan, e quella scala vi si staglia come un simbolo di folle matericità.