Sono una aspirante romanziera.
Gli scorsi giorni (le scorse settimane) è nato una sorta di dibattito fra blog, social networks e forum letterari. La discussione verte sulle case editrici a pagamento.
Uno si domanda, perché ci parli di questo, Vale?
Bè, solo per dare il mio piccolo, piccolissimo contributo.
Umberto Eco ne parlò anni fa nel Pendolo di Foucault. Essendo il Pendolo uno dei tre libri che si avvicina di più (come uso e funzione) ad una sacra bibbia, per me (gli altri due sono Il Maestro e Margherita e Quer pasticciaccio brutto de via Merulana), ed avendolo letto la prima volta a tredici anni, non ho mai avuto la sventura di finire tra le grinfie dei terribili Editori A Pagamento.
Delle EAP ne parlano, questi giorni, Loredana Lipperini, Lara Manni e GL.
Anni fa partecipai a diversi concorsi. Troppo tardi mi sono accorta che erano promossi dalle EAP. Ma non così tardi da non permettermi di farmi quattro risate. Un pochino amare, lo ammetto.
Uno dei preziosi consigli che Umberto Eco da agli aspiranti scrittori, è di confrontarsi. Di far leggere le proprie cose. Di scrivere gratis, per il giornale parrocchiale, magari. Di fare – appunto – concorsi. Così, non per i premi, ma per testare la propria abilità, per scoprire se c’è qualcosa. Mettendosi in gioco.
Io non ho mai partecipato a concorsi letterari per vincerli.
Di quei due di cui ricordo, però, sono arrivata in ottime posizioni. Troppo ottime, per essere solo l’inizio della mia… come la chiamavano loro “carriera letteraria”. Mia madre era contentissima di questo risultato, ma lei non ha mai bazzicato né premi letterari, né case editrici… e non ha letto Eco. Sono andata alla premiazione (una sola) – con mia sorella – sperando in un buffet. Allora non ero vegetariana, quindi favoleggiai una mezz’oretta su probabili tartine al caviale e flute di prosecco. Vabbè, la premiazione era in tarda mattinata, vuoi insinuare che non offrono un paio di tartine?
Insinua quello che ti pare: hai ragione. Non solo non c’era un rinfresco (era previsto un pranzo, a pagamento, e svolgendosi la premiazione in un albergo al centro, il prezzo sarebbe stato sull’ordine delle centomila a testa… c’erano ancora la lire) ma nemmeno hanno offerto un bicchier d’acqua, un cesso per fare pipì, nulla, insomma.
I premi, come si diceva. I premiati erano un fottìo di gente. Un sacchissimo di gente che aveva mandato il proprio racconto o raccolta di poesie, che avevano vinto, come me, un diploma più una cosetta abbastanza sostanziosa, di cui andare fieri… (sì, sono ironica): “pacchetti di pubblicazione”. Non saprei come altro definirli. A seconda del posto nella classifica (in cui c’erano tanti ex-aequo) avevi vinto uno o più pacchetti di pubblicazione, che corrispondevano a sedici pagine pubblicate del tuo “qualcosa”. Non una antologia dei racconti migliori. Un “qualcosa” che magari tenevi in una cartella sul computer, protetta da una password. Ovviamente un libro di sedici pagine non lo si poteva pubblicare. Il minimo erano centocinquanta. E altrettanto ovviamente, se volevi usufruire del tuo “pacchetto”, le altre centotrenta pagine dovevi pagartele.
Il mio “pacchetto”, che era un volantino di due pagine, è finito in un cestino per la carta fuori dall’albergo.
Mia madre ha voluto ugualmente incorniciare i diplomi, chiedendomi se non fosse stato il caso di usufruire davvero del “pacchetto”. Ricordo a tutti che era ingenua, su queste cose. Le ho spiegato per bene come stanno le cose: e cioè, come diceva qualcuno, io non mi faccio assumere da una ditta per lavorare, pagando io a loro uno stipendio. Le case editrici a pagamento questo fanno.
E continueranno ad esserci EAP finché continuerà ad esserci gente che piuttosto che sentirsi dire “il tuo scritto così non va, devi lavorarci di più” preferiscono far stampare i propri romanzi da questa gente. Che non offre un servizio di editing. Non promuove il libro nelle librerie. Non legge proprio i manoscritti che riceve. Non è quello il loro lavoro: il loro lavoro è prendere soldi dai wannabe romanzieri, e quello lo fanno benissimo, visto che continuano ad imperversare su giornali e web.
Provate a digitare concorso letterario su google, oppure scrittore esordiente, ed avrete intere paginate di gente che vi promette allori letterari a pagamento. Pagherete per vedere da lontano i suddetti allori in testa al cretino che si è fatto la trafila, che ha partecipato a concorsi veri, che scrive da anni sulla gazzetta del paesello, che ha ricevuto migliaia di lettere di rifiuto, che ha pubblicato con piccole case editrici non a pagamento, che ha lavorato con editor e lettori per migliorare.
Piccola postilla: quei concorsi che ho fatto non valgono uno sputo sul marciapiede, perché nessuno mi ha detto il tuo racconto non va per questo e quest’altro. Mi sono stancata di partecipare ai concorsi per questo, ma non ho smesso di scrivere e di far leggere ad altri quello che scrivo.
E una cosa buona che mi è capitata è stata la lettera dell’editore Fazi. Fazi è nato come piccolo editore, che negli ultimi anni è cresciuto parecchio.
La lettera riguardava l’unico romanzo che ho completato* e diceva pressappoco: il suo romanzo è scritto bene per questi motivi, ma non convince per questi altri motivi. Se ritrovo la lettera posso anche trascriverla, ma il punto è un altro. Il punto è che gli editori leggono. E rispondono pure. Quindi non è vero che l’editoria è riservata ai privilegiati amici di mafiosi. Bisogna solo darsi da fare.
*Ho terminato un romanzo – che non mi soddisfa – svariati racconti, un paio di sceneggiature (di cui una con Ale, Grondaie) un bel po’ di articoli per il giornale parrocchiale (prima che mi buttassero fuori per via di una certa divergenza di opinioni) e innumerevoli inizi, brandelli, paragrafi, descrizioni, prove. Ho buttato via migliaia di pagine. All’università ho cominciato e buttato quattro o cinque romanzi cyberpunk, e ognuno arrivava intorno alle settanta pagine. Tanto per dire che non è che mi sono svegliata stamattina e ho deciso che voglio fare la scrittrice.
Ma non è una caccia alle streghe? Questa mania delle liste di proscrizione? Pensate che ormai tante di queste case editrici inserite in quelle liste hanno chiuso i battenti. L’importante era creare un alone negativo contro le piccole case editrici.
Quello che voglio dire è che s’è fatto di tutta l’erba un fascio. sono rimasti fuori da questo elenco i grandi gruppi editoriali.
Parliamo de ilmiolibro.it. Non voglio dire che ha provocato questa cosa, ma sicuramente ne ha ricavati tanti vantaggi (cosa strana è che ora il miolibro.it fa concorsi a pagamento e promette distribuzione né più né meno come gli editori a pagamento solo che nessuno se la prende con lui).
Ci sono interessi dietro? Qualcuno sta verificando? E’ giusto tenere in piedi un sistema contro piccole aziende che fatturano pochissimo e lasciare ilmiolibro lontano da queste polemiche? Perché non si apre un dibattito?
Perché non si inserisce ilmiolibro tra gli editori a pagamento?
E’ vero o non è vero che le liste sono (Ri)nate da un sito del gruppo l’espresso, cioè di repubblica, cioè del miolibro.it?
E’ vero o non è vero che ilmiolibro non fa semplice stampa su richiesta mapromette pubblicazioni gratuite con Feltrinelli tramite concorsi a pagamento?
E’ vero o non è vero che ilmiolibro.it promette una distribuzione inlibreria e dunque non è un semplice stampatore?
E’ vero o non è vero che ilmiolibro non è inserito nelle liste degli editori a pagamento?
Baa…
In Italia te la prendi con i più piccoli e indifesi. Con i grossi gruppi industriali nessuno si muove.
Che ne pensate?
Ho pubblicato un libro con ilmiolibro non fanno editing ne correzione
Ehm, Sabrina… o Andrea… insomma, guarda che io posso vedere l’ip, evitiamo questi giochetti che sono tristi.
Cosa faccia o non faccia ilmiolibro a me non interessa. Mi ero iscritta in tempi non sospetti quando era solo un pod, e solo nell’eventualità che la mia raccolta di ricette vegetarianizzate raccolta nel corso degli anni diventasse troppo scomoda da maneggiare, avrei stampato una copia per tenermela in cucina. Punto.
I pod, print on demand, NON sono come l’editoria a pagamento. Tu paghi per avere una, dieci, cento o mille copie del tuo qualsiasi cosa, cosa ci fai sono affari tuoi, come lo scrivi anche.
L’editoria a pagamento promette quello che ti danno gli editori veri (che siano grandi o piccoli non importa) senza peraltro mantenere le promesse.
Sì, vabbeh, ci sono piccoli editori che non si possono permettere una distribuzione decente, ma se iniziano a dire non posso pagare una persona che editi il tuo romanzo, devi pagarla tu o non ti pubblico, per me diventano EAP.
E infine: non ci sono, non ci sono mai state “liste nere” o “di proscrizione”, sono semplicemente liste che dicono il tal editore ti pubblica senza contributo, il tal altro no. Punto. Pubblicare a pagamento è perfettamente LEGALE, non sarò io a impedire a chicchessia di pagare per pubblicare.
Simpatici i fake.
Dovrei rispondere su cosa sono le liste, che le liste di proscrizione le facevano gli antichi romani, che la piccola editoria da noi di Writer’s Dream è sempre stata promossa e… No, dai, dovrei rispondere A DEI FAKE? XD
Piacizzo!
E che cazzo, dai XD Se vogliamo discutere su cose discusse ampiamente da quattro anni discutiamo pure, ma se devo discutere con dei FAKE… Lol, no. Preferisco andare a spazzare per terra XD
Scusa vale, voglio precisa il punto di vista.
Non sono l’unica a pensare che ilmiolibro sta gradualmente cambiando pelle.
Non è che fa chissà cosa, ma si muove in un’ottica di editoria a pagamento.
Che bisogno ha di promettere distribuzione?
Voglio dire che bisogno ha di organizzare roboanti concorsi a pagamento?
Ok, allora io penso che ilmiolibro non faccia nulla di male o di illegale, solo secondo me non è più semplicemente POD. Non sono la sola a pensare che andrebbe inserito nella lista degli editori a pagamento.
Anche persone ben più importanti di me si sono schierate in tal senso!
A parte che le liste non funzionano secondo quello che pensano “persone più o meno importanti” ma secondo dati oggettivi… Ilmiolibro non fa selezione, è un print on demand. Chiede per contratto soldi agli autori? Li obbliga all’esborso altrimenti non possono pubblicare? Sai che le liste non sono più gestite da Writer’s Dream – e che comunque Vale non se n’è mai occupata, quindi non so quanto senso abbia andare nel blog di qualcuno e dirgli che un editore va spostato? E infine, perché usi identità fasulle?
Non posso che ripetere quanto detto da Ayame.
Sabrina: io non devo difendere né giustificare, né tantomeno condannare nessuno.
Ripeto: le liste non sono di proscrizione, non sono black list, sono semplicemente una suddivisione degli editori solo a seconda di chi fa pagare un contributo, che è – ripetiamolo – legale.
Io non sono ilmiolibro.
Non sono nemmeno il Writer’s Dream, che per primo si è impegnato in questo senso, anche se appoggio totalmente le sue politiche.
scusate se mi intrometto.
Ho visto quella lista (non è aggiornata, mi pare).
Ci sono editori a pagamento che non appaiono. Scusa ma perché non inserirli tutti?
Così invece si avvantaggiano alcuni a danno di altri.
Mi spiego: lì c’è per esempio Edizioni Tizio
Edizioni caio chiede botte di 4 mila euro, ma là non c’è dunque si avvantaggia
Ps
Il mio libro per il suo concorso chiede i diritti (cioè se ti pubblica feltrinelli perdi i diritti), secondo me è un qualcosa di legittimo ma ibrido – cioè on sono solo stampatori
Perché non inserirli tutti? Perché:
1) Non siamo onniscienti;
2) Non la gestiamo più noi, la lista;
3) Non è Vale che la gestisce;
4) Le persone non segnalano ma preferiscono dire “non ci sono tutti”, avete testimonianze? Mandatele a Loredana Lipperini;
Non si avvantaggia nessuno. ‘Sti discorsi mi fanno venire il latte ai calcagni. Quale parte di “le liste sono un punto di partenza per evitare di perdere tempo se non si vogliono determinati contratti” sfugge a – vorrei dire “tutti voi” ma ho l’impressione che tu sia sempre Sabrina/Andrea.
E comunque yawn. Sono cose di cui si è parlato per anni.
Ma proprio questo dicevo!
Una valutazione è obiettiva quando è a 360 gradi, chiara netta.
Il fatto che ci sia quella lista in pratica svantaggia alcuni ne favorisce altri.
Ci sono in quella lista che so 50 editori?
In Italia ci sono 350 editori che chiedono contributi.
Dunque è vero che quella lista ne daneggia solo alcuni!
Tutto qui.
Quanto al fatto dei nomi, io credo in Internet libero e la privacy permette di fare commenti sereni (non certo offensivi o volgari).
Non volevo fare polemiche, solo esprimere delle idee.
Comunque diciamo la stessa cosa: la lista danneggia alcuni a vantaggio di altri.
No, non diciamo proprio per niente la stessa cosa: la lista non danneggia nessuno e non dà vantaggio a nessuno. L’unico vantaggio è per gli autori che non vogliono pagare per pubblicare, così risparmiano tempo e non mandano direttamente manoscritti a loro.
Infine: non discuto con i fake. Ciao.
Io credo che una lista parziale e incompleta danneggi gli editori presenti e tuteli
gli altri editori che chiedono anch’essi contributi ma che non sono inseriti in quella lista.
Dunque io sono per la completezza delle informazioni.
Quando si sceglie di fare un discorso di valutazione si devono usare strumenti obiettivi e oggettivi, altrimenti tutto è approssimativo.
Sabrina/Andrea/nn, ma hai idea del numero di editori microscopici che nascono e muoiono ogni settimana? Direi di no, altrimenti non staresti qui a pretendere la lista completa di tutti gli editori che chiedono contributi. Perché allora non tutti gli editori che chiedono contributi ad alcuni e ad altri no? O tutti quelli free? O tutti quelli che nascono fondati da Pinco Pallo per pubblicare i romanzi di Pinco Pallo junior?
Ma davvero, stiamo scherzando?
No non stavo scherzamdo forse bisognerebbe suggerire di inserire questa premessa: questa lista rappresenta solo una serie di nomi e non ha i criteri della scientificità.
abbiamo messo dei nomi omettendo di inserirne altri.
Oppure si potrebbe scrivere: lista parziale… non affidabile.
Anche perché proprio come dici tu in quella lista ci sono: editori che non pubblicano più.
Cmq Vale non te la prendere con me se uso un nick, in Italia c’è un clima di accanimento non appena ti scosti dal pensiero dominante. Non vedi? Quasi mi insultano per aver detto una cosa in fondo banale che quelle liste non sono trasparenti.
A parlare di trasparenza vieni tu che ti spacci per tante persone diverse? Avere un nick è una cosa. Io ho un nick, Ayame ha un nick, tu pretendi (senza saperlo fare) di avere diverse identità.
Non contare tutte le microscopiche sconosciute case editrici d’Italia non è questione di affidabilità o scientificità.
Il tuo discorso è assurdo e capzioso.
E non ho nemmeno capito cosa vuoi.
Sei contro l’editoria a pagamento? Forse no. Hai da ridire sui print on demand? Boh… Hai da ridire sul Writer’s dream e sul lavoro che fa?
Sei l’intrepido difensore dei poveri piccoli teneri e bistrattati editori indipendenti?
No, davvero, non capisco cosa vuoi, qui.
Leggere e commentare finché sarà possibile. Esprimere un parere personale a favore della completezza delle informazioni. Che cosa cambia se scelgo un nick. Mica c’è la registrazione, ho messo due cose al volo. Io non credo di aver detto nulla di male.
Vedi io ti sto antipatico, esprimi concetti come: cosa vuoi qui, cosa vuoi dire… non c’è ascolto, ma pregiudizi.
Non ho detto una sola volgarità, non ho offeso nessuno, ho detto di pensarla diversamente da te. E sono felice di avere una mia idea: non mi piacciono le schedature, le liste di proscrizione e a ben guardare (anche se si vuole addolcire la pillola) quelle liste sono cattive maestre di come non ci si deve comportare.
Soprattutto perché sono parziali e imprecise, non sono scientifiche e non c’è nessuno che valuta il controllore.
Sembra una cosa assurda, ma è un principio di democrazia.
Cosa c’è di sbagliato in questo che dico?
Punto primo: non mi stai antipatico, non so nemmeno chi sei, non ti conosco. Ho solo dato un’occhiata all’ip (http://it.wikipedia.org/wiki/Indirizzo_IP) dei vari commenti di Andrea, Sabrina o nnn che sia, e ho tratto le mie conclusioni.
Punto secondo: la libertà di leggere e commentare è anche la libertà di venire contraddetti quando si dicono cazzate.
Punto terzo: nessuno meno di me ha pregiudizi, se mi conoscessi lo sapresti.
Punto quarto, e meno male che non hai scritto volgarità, e sei stato cortese, in caso contrario ti avrei bannato seduta stante, perché
Punto cinque: questa non è, ribadisco, NON è democrazia, è un piccolo blog su un host gratuito, ma è comunque casa mia, e a casa mia decido io.
Punto sei, non ci sono mai, MAI e ripeto M-A-I liste di proscrizione, non sono liste nere, non sono liste di buoni contro cattivi, sono solo una classificazione dell’offerta editoriale italiana agli aspiranti scrittori. Vuoi pagare? Accomodati, ma se uno non vuole spendere sldi e tempo in invii a vuoto, non vedo perché privarlo di uno strumento in più.
Ma scusa, dove sta la stupidaggine se io dico: la lista non è completa e chi non c’è non ha la cattiva pubblicità che hanno gli altri?!!!
Non prendiamoci in giro: essere in quella lista è una cattiva pubblicità.
Quanto al fatto di essere a casa tua ho bussato e chiesto il permesso di dire che le liste approssimative non aiutano i giovani aspiranti scrittori che se da un lato sanno chi sono alcuni editori a pagamento (lista inferno, così si chiamava – tanto per dire che non è una bella cosa esserci) dall’altro non hanno le informazioni necessarie perché la lista non comprende l’elenco completo degli editori (raccoglie circa il 20% degli editori AP).